Ogni regione in Italia può vantare una cucina tradizionale sopraffina, che ha reso famosa nel mondo la nostra tavola e la nostra naturale attitudine alla convivialità. Questo è frutto di segreti tramandati di generazione in generazione e di una terra generosa, che, unitamente al buon clima, fa nascere sul nostro suolo ingredienti di prima qualità. La cucina toscana è forse tra le più famose e rinomate, non tanto per la ricercatezza dei suoi piatti, che hanno basi semplici e antiche, quanto per i suoi sapori tra i più autentici ed esplosivi d’Italia. Se dovessimo assegnare un colore ai piatti tipici toscani, sarebbe sicuramente il rosso: rosso come le crete di questa regione focosa e appassionata, come il tifo del suo Palio più famoso, come il suo vino e i suoi tagli di carne appesi in antiche macellerie che brillano come preziose gioiellerie. Andiamo a scoprire le quattro specialità toscane più famose, in un vero e proprio poker d’assi della buona tavola che potrai gustare in uno dei nostri viaggi in Toscana.
I crostini neri ai fegatini
Nella sua semplicità, la cucina toscana nasconde autentiche perle fin dagli antipasti. Assieme al ben noto trionfo di salumi che fanno bella mostra di sé sui taglieri in legno che anticipano pranzi e cene pantagrueliche, i crostini neri sono forse i più iconici tra tutte le specialità toscane. Questo ottimo antipasto precede magistralmente tutti i primi o i secondi piatti di terra: il loro sapore intenso e indimenticabile ne fa il passe-partout di cosa mangiare in Toscana. Alla base del loro gusto e del loro colore scuro stanno i fegatini di pollo, che assumono questa colorazione scura dopo essere stati scottati nel vin santo e cotti nel brodo, prima di essere spalmati su fette di pane raffermo di forma rotonda od ovale. Gli ingredienti della tradizione qui ci sono tutti, compresi in un piccolo diametro di crosta, e sono quelli che possono essere trovati comunemente nelle dispense dei nostri nonni. Come per tutti gli altri piatti tipici toscani, il motivo del loro successo va ricercato nell’elaborazione umile ma raffinata delle materie prime che nasce dall’essenzialità delle tecniche culinarie contadine. Tutta la cucina toscana è una variazione sul tema della semplicità che, nonostante le modernizzazioni e le modifiche, riporta alla maestria sapiente delle mani dei nostri nonni. La ricetta più antica dei crostini neri, quella tipica dei giorni di festa, prevedeva tempi di cottura molto lunghi (almeno due ore, la fretta non è di questa terra!), in cui fegatini e frattaglie venivano fatti soffriggere con cipolla, salvia e vin santo, poi cotti nel vino, macinati grossolanamente al coltello e spalmati sul pane, rigorosamente toscano e senza sale per sublimare il sapore. Una versione ante litteram del più famoso paté d’Oltralpe, ripreso e rielaborato dai francesi, che di questa preparazione non hanno però saputo replicare il legame con la terra e le tradizioni che sta alla base della cucina toscana.

La ribollita
Ecco il piatto forse più famoso e caratteristico per chi si trova a passare nella terra di Dante: di origini contadine e nel cui nome è nascosto il segreto della sua preparazione, la ribollita è forse il piatto più famoso della tradizione e della cucina tipica toscana. Preparata seguendo alla lettera la ricetta originale, non è altro che una zuppa a base di verdure, fagioli, cannellini e pane raffermo. La cucina povera e priva di fronzoli tipica di questa regione vede nella ribollita, nonostante la sua semplicità, uno dei suoi cavalli di battaglia. Proprio per la genuinità e la freschezza dei suoi ingredienti base, se preparata con sapienza e amore, questa zuppa sa essere appetitosa e sostanziosa allo stesso tempo e soddisfare i palati più esigenti.
In passato la ribollita veniva cucinata esclusivamente il venerdì, giorno di magro, con gli avanzi della settimana; il nome della minestra più famosa di Toscana deriva dal metodo di cottura stesso, che fa cuocere la zuppa più volte in sè stessa (quindi ri-bollita) per sublimarne, ogni volta sempre di più, il sapore. Un vero e proprio comfort food, capace di riportare alla memoria la stagione fredda delle campagne toscane che producono a Km 0 i suoi ingredienti, e che un tempo era motivo e momento di raccolta famigliare attorno a un calderone di rame messo a scaldare sul camino. Oggi, meno romanticamente, quasi tutti i ristoranti toscani, soprattutto quelli tra Arezzo e Firenze, la includono nei loro menù riproponendola in infinite e più moderne versioni, pur mantenendo quell’impressione che, alzati da tavola dopo averla gustata, ci sia in noi un calore diverso di corpo e anima. Poiché fin dal Medioevo è sempre stata considerata una ricetta spontanea, anche le variazioni attuali e contemporanee, più gourmet, sono tutte da considerarsi autentiche e altrettanto vere, purché ne conservino i capisaldi della preparazione: cavolo nero riccio di Toscana, fagioli rigorosamente cannellini e pane raffermo che le conferisce la sua inconfondibile consistenza semi-solida e il suo gusto antico, un gusto che da secoli viene tramandato come un segreto di famiglia.

La bistecca alla fiorentina
Più che una ricetta, più che un piatto tipico toscano, la bistecca alla fiorentina è un vero e proprio monumento nazionale, conosciuto e invidiato in tutto il mondo. La storia di questa specialità regionale è legata a doppio filo con quella italiana: si dice infatti che i Medici, in occasione dei festeggiamenti per San Lorenzo, ogni 10 di agosto, offrissero al popolo enormi quantità di carne, arrostite e cucinate nelle principali piazze della città. Il nome “bistecca” è invece di conio anglosassone, in quanto pare che, in una di queste occasioni, un gruppo di nobili inglesi giunti a Firenze per affari e innamorati della bontà senza precedenti di questa carne cucinata in maniera tanto inedita si siano messi a gridare nella folla “beef-steak!” per averne ancora.
La qualità della carne e la maestria nel taglio sono i requisiti fondamentali perché la fiorentina sia degna del suo nome e della sua fama: la vera bistecca deve essere di chianina, tagliata nella lombata dell’animale e deve comprendere osso, filetto e controfiletto del manzo. La forma dell’osso deve inoltre rappresentare l’iconica T, il peso non deve mai essere inferiore agli 800 grammi (un cibo conviviale, dunque, impossibile da mangiare soli!) e la cottura deve essere rigorosamente al sangue, con la carne posta su una griglia appoggiata su carboni ardenti mai a fuoco vivo. Un’altra regola fondamentale, per gustare questo caposaldo della cucina toscana, è la frollatura: alcune famose macellerie tradizionali fanno macerare la carne anche 10 giorni prima di tagliarla e venderla. Se volete avere un termine di paragone, considerate che quella dei supermercati, anche la migliore, arriva al massimo a 48 ore di preparazione: come per tutte le altre specialità toscane, anche qui il segreto è l’assenza di fretta nella preparazione, pazienza e gusto sono legati a doppio filo nella cucina toscana.

Il panino con il lampredotto
Abbiamo già abbondantemente sottolineato come la cucina tipica toscana sia legata a doppio filo alle ricette della tradizione, tramandate di famiglia in famiglia, e al legame intimo con la terra generosa di questa regione. La semplicità è la parola d’ordine, nelle presentazioni, nell’unicità degli ingredienti e nei metodi di cottura. Non servono sovrastrutture, quando il gusto vince su tutto. Per questo, tra i consigli su cosa mangiare in Toscana, non può mancare una menzione allo street food e alla tradizione del cibo popolare di strada, di cui il panino con il lampredotto è un magnifico esemplare. È l’ennesimo piatto tipico toscano con secoli di storia alle spalle inerenti più alla cultura popolare che all’industria alimentare o alle mode gourmet contemporanee. Il lampredotto è un parente alla lontana della trippa, con la differenza che questa si mangia più o meno in tutta Italia, mentre il lampredotto compare solamente tra le specialità toscane. È un taglio di carne che mescola le frattaglie, ovvero le interiora dello stomaco dei bovini: nel caso del lampredotto riguarda solo l’abomaso, una parte specifica magra e altamente proteica. Come molti altri piatti tipici della Toscana, si prepara facendolo cuocere a lungo in acqua con sedano, carota, cipolla: si può poi servire in tavola già così, anche se la sua vera e speciale sublimazione sta nel gustarlo in strada.
Non è un piatto che si trova al ristorante ma nei chioschi sparsi per le vie dei centri storici delle città toscane, in particolare a Firenze che vanta alcuni tra i “lampredottai” più famosi. Questi ultimi serviranno il panino chiedendovi prima se lo volete “bagnato”, domanda alla quale bisogna assolutamente rispondere “sì”: in questo modo il pane verrà imbevuto nel sugo di cottura e accompagnato dalla tipica salsa verde. Spesso nei chioschi e nelle piccole finestre su strada di chi vende questa specialità si possono trovare, a sorpresa, alcuni dei piatti tipici toscani, come la pappa al pomodoro, i pici o i bolliti: la simpatia degli ambulanti fa da companatico perfetto ad accompagnare la bontà di questa cucina, lontana da ogni tipo di formalità o fronzolo ma, forse proprio per questo, ricca di un gusto unico e arcaico che sarà difficile da dimenticare.
