Wādī Rum, Giordania
Ispirazioni

Wadi Rum: il deserto amato dai registi

Ispirazioni

Terra rossa, sabbia color zafferano illuminata dalla luce dell’alba e ombre rosate che si allungano sulla valle, Wadi Rum è il deserto giordano che fu teatro delle imprese leggendarie di Lawrence d’Arabia e che nella fantasia dei registi vede gli uomini del futuro diretti verso il pianeta rosso.

Solitudine, aridità, condizioni di vita estreme: il deserto, con la sua ostilità, è divenuto nella tradizione il simbolo della prova più dura che ci si possa trovare ad affrontare. Chi non ricorda la storia del popolo d’Israele, l’uscito dalla schiavitù egiziana per affrontare quarant’anni di peripezie nel deserto del Sinai, o gli insegnamenti de Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry? Le storie legate al deserto sono racconti al limite del vivere umano che a volte, a fronte della radicalità dell’esperienza, non ne raccontano la bellezza e l’autenticità. Wadi Rum, in Giordania, è il deserto che più di altri unisce bellezza e memorabili res gestae in un unico istante senza tempo.

Wadi Rum è evocativo della figura di Lawrence d’Arabia, uomo dalle mille sfaccettature, controverso per alcuni biografi come controversi furono i tempi in cui visse: archeologo, condottiero, spia inglese o millantatore e mitomane? Certo, visse in tempi difficili, a ridosso della Prima Guerra Mondiale, ebbe ruoli di comando e sul fronte africano riuscì a contrastare l’Impero ottomano sfruttando il malcontento degli Arabi e la loro rivendicazione di indipendenza. Raccontò le sue gesta ne I Sette Pilastri della Saggezza, trasposto nel 1962 nella pellicola Lawrence d’Arabia.

In questo film è proprio il deserto giordano Wadi Rum a emergere per grandezza e fascino. Il regista David Lean ci ha portato attori del calibro di Peter O’Toole, Anthony Quinn e Omar Sharif, che in questa terra arida hanno fatto risuonare Aqaba! il grido di conquista dell’omonima città, capitolata il 6 luglio 1916. Poco importa quel che avvenne dopo, che il vero attacco alla città pare fu sferrato da Wejh, più a Sud, che quel 6 luglio non ci fossero centinaia di arabi a fianco di Lawrence, ma molti meno: a Wadi Rum si sente il respiro degli uomini che misero a rischio la loro vita, si sente il ricordo di un uomo che il tempo non è riuscito a cancellare e un grido di battaglia che ancora risuona nella valle.

Wadi Rum

A lui sono intitolati alcuni angoli suggestivi, Lawrence’s Spring e Lawrence’s House, e anche una formazione rocciosa che porta il nome di “I sette pilastri della saggezza”, di fronte alla quale si trovano sorgenti d’acqua. Altri angoli, come il Khazali Canyon, riportano invece i segni degli antichi abitanti del deserto: circa trentamila petroglifi, le incisioni rupestri Nabatee risalenti al IV secolo a.C. Non mancano luoghi divenuti must da immortalare in uno scatto: il Rock Bridge, un piccolo ponte e l’Um Fruth Bridge, un ponte di roccia sospeso nel cuore del deserto. Ma Wadi Rum è un deserto unico dall’aspetto caleidoscopico che attrae per i suoi colori inediti e spettacolari, per le sue formazioni rocciose in arenaria modellate dal vento, per i siq – i passaggi stretti e ombreggiati – e le valli estese. E anche per i beduini, che a volte ospitano i turisti per la notte e offrono un semplice tè alla salvia selvatica o lo zarb, uno stufato di carne e verdure cotto sotto la sabbia, e altre li guidano tra i meandri di questo deserto a bordo dei fuoristrada o in sella a un dromedario.
 
La terra rossa del deserto ha affascinato anche i registi che volevano narrare storie fantastiche o futuristiche: Ridley Scott ci ha ambientato PrometheusThe Martian e Tutti i soldi del mondo, Michael Bay Transformer 2, mentre Guy Ritchie nel 2017 ci ha girato parte del remake Disney Aladdin interpretato da Will Smith.

Petra by night

Ma di rosso in Giordania non c’è solo Wadi Rum. Questa terra è ricca di testimonianze di civiltà antiche come la famosa Petra, la rosa rossa del deserto, un’antica città scavata nella roccia dai Nabatei nel III secolo a.C: il monumento più conosciuto è il Khasneh al Faroun o Il Tesoro del Faraone, al quale si aggiungono il teatro che ospitava fino a ottomila persone, il Tempio Grande e il Tempio dei leoni alati, la Chiesa, il Castello della figlia del Faraone, ossia il Qasr al-Bint. 
 
Da Petra a Madaba si snoda per circa 300 chilometri una delle strade più belle della Giordania, la Strada dei re che regala a chi la percorre incredibili paesaggi tra canyon e antichi villaggi. In mezzo c’è Kerak, sulla via dei pellegrini diretti alla Mecca, la cui fortezza imponente sorge su uno sperone di roccia che domina la vallata. Qui ogni cosa parla di Crociate, di lotte religiose e gli assalti, le tregue fallite e gli assedi alla città ancora si possono immaginare affacciandosi dalla Torre di Guardia: i nomi di Saladino, Rinaldo di Châtillon e re Baldovino IV, il re lebbroso, ancora riecheggiano nell’aria.

Castello di Kerak

Risalendo la Giordania si trova Jerash, l’antica Gerasa, che mostra tutta la sua bellezza e imponenza acquisita in epoca romana soprattutto dal I al III secolo d.C. Ciò che è rimasto è ancora immerso nell’epoca d’oro che risale agli imperatori Traiano e Adriano che contribuirono a modificare l’aspetto della città costruendo la strada colonnata, cardo massimo, ancora visibile, la Piazza Ovale, il tempio di Artemide, il teatro e l’Arco di Adriano, che ricorda la memorabile visita dell’imperatore nel 129.
 
La Giordania è un luogo magico, dove storia e leggenda si intrecciano, dove si respirano i silenzi del fiume e del deserto, ma riecheggiano anche le grida delle battaglie a cui ha fatto da sfondo nel passato e nel futuro immaginato dai registi più famosi.

Teatro Sud, Jerash
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